Home 2014 15 settenbre STUDENTI TEST D’ACCESSO A MEDICINA. IL MINISTRO INSISTE PER ABOLIRLI. PERPLESSITÀ SUGLI ESAMI ORALI
TEST D’ACCESSO A MEDICINA. IL MINISTRO INSISTE PER ABOLIRLI. PERPLESSITÀ SUGLI ESAMI ORALI PDF Stampa E-mail

Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini l’ha ribadito ieri ai rettori che pure, nei mesi scorsi, avevano espresso forti perplessità in merito. Basta con i test di accesso a Medicina. E pace per l’onda d’urto che rischia di travolgere i nostri atenei se tutti quelli che finora tentavano il test (65 mila ad aprile scorso per 10 mila posti) dovessero trasformarsi in matricole. Secondo Giannini l’impatto di questo tsunami potrebbe essere ridimensionato spalmando gli studenti sui corsi di laurea affini. «Ministro e tecnici del ministero - spiega il rettore di Padova Giuseppe Zaccaria - lavorano all’ipotesi di un primo anno comune che raggruppi medicina, farmacia e biotecnologie consentendo così di assorbire un numero di iscritti ben superiore a quello attuale del corso di laurea in medicina». Durante questo primo anno agli studenti sarebbero impartiti solo alcuni insegnamenti di base comuni a questi indirizzi (chimica, fisica, biologica...) in modo che poi al secondo anno i ragazzi possano essere smistati nei diversi corsi di laurea . Rispetto a quanto già detto in precedenza, al tavolo dei rettori ieri il ministro ha avanzato l’ipotesi di anticipare lo sbarramento: non più alla fine del primo anno come ipotizzato dapprincipio, ma già dopo sei mesi. «Le mie riserve principali rispetto a questo modello sono due – sostiene il rettore Zaccaria -. Per quanto riguarda l’ipotesi di un tronco comune alle diverse lauree mediche, io non sono per niente convinto che la fisica che serve ai medici sia la stessa che serve agli infermieri. Quanto poi al sistema di selezione dei ragazzi, temo che affidarsi a degli esami universitari anziché a dei test “ciechi” esponga i docenti a una serie di pressioni indebite». Perché il sistema attuale, pur con tutti i suoi difetti, si reggeva sull’anonimato (anche se poi quest’anno i giudici del Tar hanno riscontrato gravi vizi procedurali e di conseguenza ordinato la riammissione di 2.000 studenti che non avevano passato i test). Magari si lasciava sfuggire qualche studente che invece avrebbe meritato di passare ma, quel che è certo, serviva a sbarrare la strada a chi non lo meritava. Mentre gli esami orali si trasformerebbero inevitabilmente in un mercanteggiamento per mandare avanti questo o quel ragazzo, indipendentemente dalle sue qualità.
Sul fronte del sì all'abolizione dei test si sono schierate, quasi compatte, la maggior parte delle associazioni studentesche. Anche tra gli studenti, tuttavia, non mancano i sostenitori della selezione: «Schierarsi contro il numero chiuso» risponde, con una nota, l'associazione La Contea « e voler abbattere ogni selezione, in nome del pezzo di carta, è sbagliato nel principio e nel risultato. Sbagliato nel principio, perché senza il carattere di eccellenza (intellettuale, non certo di censo) l'Università è perduta. Sbagliato nel risultato, perché fatalmente un'Università che abbatta ogni difficoltà intellettuale nel conseguire il titolo, e che pregiudichi lo studio avanzato in favore delle classi-stalle, è un'Università che non qualifica, professionalmente, chi quel titolo lo consegue. In nome della demagogia peggiore si rischia quindi di compromettere l’opportunità di rilancio per l'Università. La selezione intellettuale dei futuri studenti deve tuttavia accompagnarsi a un piano di sostegno per gli studenti meritevoli, ma economicamente bisognosi».
(Fonti: O. Riva, Corsera 30-08-2014; S. Quaranta, Il Mattino 01-09-2014)