Home 2014 20 ottobre ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE RICONOSCIMENTO DEI TITOLI DI ABILITAZIONE PER L’ACCESSO ALLA DOCENZA UNIVERSITARIA IN AMBITO EUROPEO. STORIA DI ITALICI CAVILLI
RICONOSCIMENTO DEI TITOLI DI ABILITAZIONE PER L’ACCESSO ALLA DOCENZA UNIVERSITARIA IN AMBITO EUROPEO. STORIA DI ITALICI CAVILLI PDF Stampa E-mail

L’Italia esporta “cervelli” in grande quantità verso l’Europa, ma ne importa pochissimi. Il nostro è quindi uno dei sistemi più chiusi del Continente per quanto riguarda gli ingressi e più aperto per quanto riguarda le uscite (o fughe…). Da ciò si dovrebbe supporre che, da tempo, si stia facendo, a tutti i livelli, ogni sforzo per porre un argine a questo squilibrio, le cui conseguenze negative si ripercuotono, in ultima analisi, sul benessere del Paese, che perde di anno in anno parte del proprio capitale umano senza che questa venga rimpiazzata da ingressi altrettanto qualificati dall’estero. Ma, francamente, la sensazione è che le cose non stiano esattamente così.
Prendiamo, per esempio, il caso della docenza universitaria. Già la legge del 3 luglio 1998, numero 210 presentava diversi elementi di dubbia equità riguardo al trattamento riservato agli studiosi europei che volessero lavorare nel nostro Paese. Il “concorso”, per esempio, si concludeva con l’identificazione di due “idonei” che poi potevano essere chiamati direttamente da qualsiasi Ateneo nazionale al ruolo di professore. Ma ai possessori di idoneità comunitarie (per esempio l’Habilitation tedesca) o ai professori attivi in Paesi dell’Unione non veniva dato alcun riconoscimento. La “Legge Moratti” (legge 4 novembre 2005, numero 230) rappresentò un’importante svolta per quel che riguarda il valore da riconoscere ai titoli per l’accesso alla docenza conseguiti in Paesi stranieri. La legge introdusse un’idoneità scientifica nazionale (ISN, vedi sopra) a numero chiuso e sancì la spendibilità (non il riconoscimento…) delle idoneità straniere. Di conseguenza, gli studiosi in possesso di idoneità di “pari livello” potevano essere chiamati direttamente al ruolo di professore, proprio come accadeva per gli idonei italiani. L’applicazione di questa norma, purtroppo, ebbe vita breve, perché, poco tempo dopo essere stata emanata, essa fu abrogata da un decreto “milleproroghe”. La “Legge Gelmini” (legge 240/2010), con l’introduzione dell’abilitazione scientifica nazionale a “numero aperto” poneva di nuovo sul tappeto il problema della riconoscibilità delle abilitazioni comunitarie. Se non vi è più valutazione comparativa l’abilitazione italiana era a tutti gli effetti una “qualifica professionale” nel senso comunitario e quindi la professione di professore universitario è regolamentata in Italia ai sensi della direttiva 2005/36/CE e del decreto legislativo 206/2007. Dopo tale novità normativa, l’autore di questo articolo richiese nuovamente al MIUR il riconoscimento della sua abilitazione tedesca. Il MIUR, per risolvere la faccenda, chiese dunque il parere del Consiglio di Stato (affare 05107/2012), Il quale istituì all’uopo una commissione speciale. Il Consiglio di Stato, al termine dei lavori della commissione speciale, sanciva il “potere dovere” del MIUR di “valutare ed eventualmente accogliere istanze di equipollenza”. In altri termini, il Consiglio di Stato riconosceva che un titolo tedesco per l’accesso alla docenza universitaria può essere dichiarato equipollente a quello richiesto in Italia. Però attenzione: le abilitazioni comunitarie vecchie di più di 4 anni (ora di 6…) debbono essere considerate “scadute” e quindi l’abilitazione tedesca dell’articolista, conseguita nel 2005, era già “morta” all’atto dell’istituzione dell’abilitazione scientifica nazionale italiana! La speranza comunque non era ancora morta: un altro studioso possedeva un’abilitazione tedesca che rientrava nei vincoli temporali richiesti dal Consiglio di Stato. Fece domanda di riconoscimento al MIUR…La sua domanda venne quindi, come prescritto, presa in considerazione. Si intraprese, addirittura, una sorta di attività ispettiva per comprendere più a fondo e in maniera diretta (anche se certificati consolari ufficiali attestanti natura e valore del titolo erano in possesso del MIUR da anni …) la natura e il valore del titolo tedesco. L’esito di tale attività fu una lista di “differenze” tra l’abilitazione tedesca e quella italiana (vedi il parere generale numero 13 del CUN, adunanza del 18/12/2012) anche sulla base della quale il riconoscimento venne negato.
Prima la natura particolare dell’idoneità italiana (idoneità/concorso) non implicava che la professione di professore universitario fosse una professione regolamentata e quindi che si potesse applicare la legge europea sul riconoscimento delle qualifiche professionali. Poi, una volta che il Consiglio di Stato ha sancito la riconoscibilità delle idoneità comunitarie (e quindi ha stabilito che l’abilitazione scientifica nazionale si configura ora a tutti gli effetti quale qualifica professionale di una professione regolamentata) il MIUR ha ritenuto che il titolo tedesco sia “troppo diverso” da quello italiano, anche sulla base delle indicazioni fornite dal CUN. E’ da notare che lo stesso CUN, oggi, auspica che si pongano le basi per un “riconoscimento automatico” di abilitazioni comunitarie… Infatti, Il 25 giugno scorso il CUN ha approvato una raccomandazione per “l’armonizzazione del Sistema Europeo dell’Istruzione Superiore… tramite l’adozione di politiche che consentano… il mutuo riconoscimento automatico dei titoli di abilitazione per l’accesso alla docenza universitaria, attraverso l’adozione di direttive che determinino le condizioni di equivalenza, nel rispetto della diversità dei sistemi di Istruzione Superiore nazionali…”.
(Fonte:
http://tinyurl.com/nl25utc 13-09-2014)