Home 2014 20 ottobre FORMAZIONE. OCCUPAZIONE PRESENTE E FUTURO DEI MASSIVE ONLINE OPEN COURSES (MOOC). CONSEGUENZE SUGLI ATENEI
PRESENTE E FUTURO DEI MASSIVE ONLINE OPEN COURSES (MOOC). CONSEGUENZE SUGLI ATENEI PDF Stampa E-mail

I massive online open courses (Mooc) sono piattaforme che offrono gratuitamente corsi universitari e materiale didattico per la scuola secondaria (Khan Academy), decollate nel 2008 e cresciute con una dinamica esponenziale negli ultimi anni. Si tratta della classica disruptive innovation e lo mostrano i numeri: Coursera, leader del settore, vanta 9 milioni di studenti iscritti in tutto il mondo, 453 corsi e partnership con università di diversi paesi per l’offerta e lo sviluppo di corsi ad hoc. Non è affatto certo che i Mooc possano costituire il futuro dell’educazione, e, anzi, ci sono diversi campanelli d’allarme. In primis, l’elevatissimo tasso di abbandono, spesso superiore all’85 per cento: molte delle persone che iniziano un corso, cioè, non lo portano a termine. In secondo luogo, quello che si presenta come un modello volto a estendere l’accesso all’istruzione di qualità a chi ne è escluso, per il momento mostra evidenze non incoraggianti: dei milioni di iscritti, infatti, l’80 per cento viene dagli Stati Uniti o da un paese Ocse e, informazione ancora più saliente, si tratta di persone già altamente istruite, spesso in possesso di una laurea. C’è poi una questione assolutamente rilevante che concerne il modello di business delle piattaforme-aziende e i problemi di copyright (condivisione gratuita di materiale coperto da diritti d’autore): Coursera, Udacity, Edx, a un certo momento dovranno cominciare a produrre reddito e profitti, altrimenti non è chiaro dove possa portare questa proliferazione, se non a una sorta di bolla in pieno stile dotcom di inizio millennio. Quale che possa essere il futuro di questo mercato, si tratta innegabilmente di una rivoluzione e, principalmente, per tre motivi, che hanno attirato anche l’attenzione dell’Economist:
1) l’effetto Baumol, per cui il costo unitario in un’organizzazione ad alta intensità di lavoro, quale l’istruzione, grava moltissimo su un settore a bassa crescita di produttività. Ciò si riflette nel tempo in un aumento delle tasse con, tuttavia, pressioni crescenti sulla sostenibilità dei bilanci di molti atenei, e anche degli istituti della scuola primaria e secondaria;
2) la dinamica del mercato del lavoro: la crescente automazione e gli effetti dell’innovazione tecnologica portano a rapidi cambiamenti. Un lavoro empirico dell’Università di Oxford stima che il 47 per cento dei lavori attuali possa essere automatizzato in un futuro prossimo e di conseguenza molti adulti sopra i 30 anni di età potranno manifestare, e presto, la necessità di reinvestire in capitale umano per acquisire nuove competenze professionali;
3) l’innovazione tecnologica che, indubbiamente, ha consentito la dinamica esponenziale delle piattaforme Mooc attuali e che promette di sostenerne a lungo la crescita, anche se è da capire in quale direzione.
La qualità delle infrastrutture e l’alfabetizzazione digitale saranno, sempre più, elementi centrali per garantire al sistema educativo di rispondere a un quadro della domanda e dell’offerta didattica in profonda e accelerata trasformazione.
Al di là di quello che potrà succedere con la rivoluzione dei Mooc, lo scenario più probabile, e già in atto in realtà, è quello di una forte divaricazione tra università top e università mediocri: i migliori atenei, in grado di offrire a una platea globale i corsi dei loro professori-star, per di più a costi irrisori, potranno beneficiarne, mentre quelli mediocri potrebbero trovarsi completamente spiazzati dalla massiccia diffusione di didattica di eccellenza, senza un adeguato piano di regolazione e gestione. L’Economist traccia uno scenario da incubo per il mercato educativo, facendo il confronto con quello per certi versi simile dell’informazione: se al mondo delle università succedesse quello che è accaduto ai giornali dopo l’avvento di Internet, si assisterebbe a un crollo dei ricavi degli atenei del 50 per cento, una riduzione occupazionale del 30 per cento e la chiusura di centinaia di istituzioni.
(Fonte:
http://tinyurl.com/lrtbyp8 16-09-2014)