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RICERCATORI. TROPPE DUE FIGURE DIVERSE DI RTD (A e B) PDF Stampa E-mail

Il reclutamento universitario basato su passaggi a tempo determinato è argomento complesso:
dopo il dottorato si inizia con assegni di ricerca per un massimo di 4 anni, si prosegue come ricercatore a tempo determinato di tipo A («RtdA») con contratto di 3 anni rinnovabile fino a un massimo di 5 e si continua per altri 3 anni come ricercatore di tipo B («RtdB») con la previsione, in presenza di abilitazione nazionale, del passaggio finale a professore associato.
Per buona sostanza, un modello di selezione progressiva, basato su reiterati concorsi, con "uscite laterali" in corrispondenza di ciascun passaggio. Il percorso dura al massimo 12 anni dal momento della conclusione del dottorato di ricerca. Età nominale a fine percorso: circa 38 anni. Ragionevole per diventare professori associati. In paesi normali, non in Italia. Per gli RtdA della prima ora si sta presentando il problema della proroga oppure dell'uscita inevitabile dal sistema universitario, con età spesso vicina ai 40; solo per pochi sarà possibile proseguire come RtdB entrando in tenure track. La teoria del temporary job alla base della legge 240 ha fallito per due motivi:
A) perché non ha considerato migliaia di assegnisti già operanti nei dipartimenti al momento dell'entrata in vigore;
B) perché non ha previsto misure parallele per incentivare l'assunzione di ricercatori da parte delle imprese e del sistema pubblico non accademico.
Alla prova dei fatti due figure diverse di Rtd (A e B) sono davvero troppe. Teniamo il Rtd come canale di accesso (tenure track), semmai portandolo a 5 anni, e rinunciamo al Rtda (che, de minimis, andrebbe comunque svincolato dai “punti organico”). Allarghiamo per converso la possibilità di utilizzare gli assegni di ricerca in modo più efficiente e flessibile rimuovendo il limite dei quattro anni ma, introducendo, al contempo, un gradino salariale che garantisca dopo il quarto anno incrementi salariali consistenti e compensativi. Se poi proprio volessimo "cambiare verso", dovremmo superare la logica di gestire il personale mediante "punti organico" lasciando agli atenei la libertà di lavorare sui loro bilanci in funzione delle risorse reali e non sulla base di programmazioni virtuali.
(Fonte: D. Braga, IlSole24Ore 04-08-2014)