Home 2014 20 ottobre UE. ESTERO USA. EVOLUZIONE DELL’UNIVERSITÀ NELL’ERA DIGITALE
USA. EVOLUZIONE DELL’UNIVERSITÀ NELL’ERA DIGITALE PDF Stampa E-mail

Intervista a John Hennessy, da 14 anni presidente di Stanford, l’università dalla quale sono passati quasi tutti i geni americani delle tecnologie digitali: «L’università fisica continuerà a esistere. Il “campus” non diventerà virtuale. Ma l’insegnamento fatto di lezioni nelle quali il professore parla come un conferenziere è finito. Quelle cose gli studenti le assorbiranno, sempre più, dalle “lecture” disponibili su Internet. Quel tempo va dedicato all’interazione personale tra studenti e docenti: è questa la parte vitale del processo di apprendimento. È quello che cerchiamo di fare a Stanford: siamo nel cuore della rivoluzione tecnologica, moltiplichiamo i corsi orientati all’esperienza nei quali gli studenti sono stimolati a trovare soluzioni e devono affrontare sfide creative. Sparirà la lezione-conferenza ma non il “campus”, il rapporto personale col docente resta essenziale. La vera rivoluzione, un grosso “business”, la vedremo nel “professional higher education market”, la formazione continua di professionisti e manager che devono continuare a seguire corsi di aggiornamento mentre lavorano: loro lo faranno quasi solo online. Troppo indaffarati per frequentare aule universitarie. Si ragiona anche da noi sul punto di equilibrio tra innovazione ed etica. La realtà è che il mondo digitale è diventato talmente centrale nelle nostre vite che cose che un tempo non concepivamo nemmeno di poter rendere pubbliche, lo diventano all’improvviso e in modi che non avevamo nemmeno preso in considerazione. Le università sono il luogo ideale di discussione tra tutori della riservatezza - governo, attivisti, associazioni di cittadini - e aziende che devono comunque creare un rapporto di fiducia e di protezione con l’utente. A certi quesiti la risposta la deve dare la società: cosa siamo disposti a sacrificare per difendere la privacy? Io credo che l’automazione sia ineluttabile, le cose che le macchine possono fare meglio dell’uomo crescono di continuo. Ma c’è uno spazio per graduare questa evoluzione. Di quante volte il robot deve essere più efficace e sicuro dell’uomo per sostituirlo in una funzione e poter essere accettato? Cinque volte? Dieci volte? Stabilire il criterio spetta a noi».
(Fonte: M. Gaggi, Corsera 21-09-2014)