Home 2014 18 novembre RICERCA. RICERCATORI RICERCA DI BASE. IMPORTANZA DELL’INVESTIMENTO DIVERSIFICATO
RICERCA DI BASE. IMPORTANZA DELL’INVESTIMENTO DIVERSIFICATO PDF Stampa E-mail

Non è un caso che i Paesi che investono la maggior percentuale del loro PIL in ricerca e sviluppo, oltre ad avere una maggior frazione di scienziati o ingegneri, sono quelli che sono appunto identificati come i leader tecnologici (da questa prospettiva l’Italia è invece più prossima ai Paesi in via di sviluppo). Il problema cruciale dell’investimento nella ricerca di base è che i rendimenti sono ad alto rischio e si hanno generalmente su scale temporali che non sono interessanti per il singolo individuo. È necessario peraltro ricordare che la ricerca di base rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente allo sviluppo economico: un aspetto diverso, ma ugualmente importante e strettamente correlato, riguarda la capacità di un Paese di utilizzare le scoperte della ricerca di base con la presenza di un sistema che supporti in modo sistematico i collegamenti tra scienza e industria. Per l’alto rischio intrinseco della ricerca di base – in cui non è mai chiaro in partenza quanto sarà il ritorno sulle risorse impiegate – è lo Stato che in genere si fa carico di questo investimento. Gli Stati Uniti sono un punto di riferimento in tal senso: nel Paese per altri versi paladino del libero mercato, la ricerca di base è finanziata dal governo federale per 40 miliardi di dollari l’anno, che si assume così il rischio dell’investimento. Un’analisi approfondita dei recenti prodotti della Apple, dall’Ipad all’Iphone, mostra infatti che la base tecnologica è fornita da scoperte della ricerca fondamentale degli ultimi due decenni che sono state finanziante dallo Stato (in gran parte americane ma anche di alcuni Paesi europei). Dunque, in questo come in molti altri casi, una gestione attenta ed efficiente della spesa pubblica ha permesso allo Stato di agire come investitore chiave per scommettere sulla ricerca ed assumersene l’alto rischio, riuscendo così a creare le condizioni necessarie per produrre innovazione e modellare i mercati del futuro. Uno studio quantitativo suggerisce che le strategie che premiano la diversità e la diversificazione, piuttosto che l’eccellenza, si rivelano essere più produttive. Il problema non è dunque finanziare ricercatori riconosciuti oggi come eccellenti; è piuttosto dare la possibilità di sviluppare quei progetti di ricerca che diventeranno eccellenti domani, ma che sono oggi sviluppati da ricercatori di “buona” (non ancora eccellente) qualità. Quindi, piuttosto che sperare di minimizzare il rischio puntando su poche linee di ricerca, è più efficiente diversificare. Proprio per questo i Paesi leader tecnologici, oltre ad avere la più grande produzione di articoli scientifici e di citazioni, non sono specializzati in pochi settori scientifici; hanno invece diversificato il più possibile il loro sistema di ricerca. La diversificazione rappresenta quindi l’elemento chiave che si correla con la competitività scientifica e tecnologica.
(Fonte: F. Sylos Labini, Roars 25-10-2014)