Home 2015 16 febbraio DOTTORATO DOTTORI DI RICERCA. STATO GIURIDICO E CARRIERA
DOTTORI DI RICERCA. STATO GIURIDICO E CARRIERA PDF Stampa E-mail

Sebbene la Carta Europea dei Ricercatori, adottata anche dalle Università italiane a partire dal 2008, stabilisca che la figura del dottorando debba essere considerata come lavoratore, ovvero ricercatore in formazione, l’Italia insiste, anche negli ultimi provvedimenti, a considerarlo alla stregua di un master universitario, svalutandolo e non riconoscendo implicitamente la premialità che un dottorando ha nel superare un concorso pubblico per accedere a tale percorso e svilendo, di fatto, l’attività di ricerca e di didattica svolti nei tre anni.
Un timido tentativo da parte del MIUR di riconoscere lo status di lavoratore ai dottorandi era contenuto in una prima bozza del provvedimento che sarebbe diventato il D.M. 45/2013 (versione 27 settembre 2011, art. 8 co. 1), nel quale si faceva riferimento ai dottorandi come early stage researchers, ma purtroppo tale dicitura è scomparsa dalla versione definitiva.
Ma non è quella dello status giuridico l’unica differenza con gli altri paesi europei: secondo i dati Eurostat 2010 l’Italia è il 4° paese europeo per numero di dottorati; tuttavia, considerando il rapporto ‘numero di dottorandi per 1000 abitanti’ è il fanalino di coda con uno score pari a 0,6. Anche per quanto riguarda l’importo medio della borsa di studio le cose non cambiano: l’importo delle borse italiane (1035 euro mensili al netto degli oneri previdenziali, da cui vanno sottratte le tasse di iscrizione) appare decisamente inferiore all’importo delle borse/stipendi medi percepiti dai colleghi europei, con la sola eccezione dell’Est Europa.
Gli aspiranti ricercatori in Italia si trovano quindi ad operare in condizioni di partenza nettamente svantaggiose, ma nonostante questo ottengono risultati migliori della maggior parte dei loro colleghi Europei.
Attualmente ad un massimo di 4 anni di assegno di ricerca fanno seguito, nella migliore delle ipotesi, 5 anni da ricercatore a tempo determinato tipo “A”, propedeutici ad altri 3 anni come ricercatore a tempo determinato di tipo “B”. Tale qualifica dovrebbe essere agganciata teoricamente alla tanto agognata posizione di professore associato, ma dati elaborati dall’Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca Italiani (ADI) hanno stimato che nel 2013 sono state finanziate solamente 520 posizioni per ricercatori tipo “A” e 130 posizioni per ricercatori di tipo “B”, a fronte della necessità di 1700 e 1300 posizioni stimate dal Consiglio Universitario Nazionale per mantenere in sicurezza il sistema accademico.
Il riconoscimento a livello di giuridico, previdenziale ed economico del dottorando quale lavoratore, e provvedimenti volti alla valorizzazione del titolo al di fuori del contesto accademico, nell’insegnamento scolastico, nelle pubbliche amministrazioni e nel sistema produttivo, potrebbero essere la chiave per attirare un maggior numero di giovani verso il mondo della Ricerca. (Fonte: quotidianosanità.it 22-01-2015)