Home 2015 16 febbraio VARIE RICORDO DEGLI ISTITUTI UNIVERSITARI
RICORDO DEGLI ISTITUTI UNIVERSITARI PDF Stampa E-mail

Il DPR 382 introdusse anche la possibilità di istituire i Dipartimenti. Al tempo non ne fu compresa la portata, innovativa o devastante a seconda dell’interpretazione e della successiva realizzazione. (Un sagace collega mi fece osservare allora che comunque i dipartimenti difficilmente avrebbero potuto “trasformare i somari in corsieri”. PSM). Sta di fatto che negli anni ‘80 la maggior parte di noi si trovò a preparare la tesi o a frequentare i laboratori e le corsie di un Istituto. L’Istituto, al netto delle considerazioni tecniche, legislative e di politica universitaria, era un microcosmo, una facoltà nella facoltà, un’università nell’università. Il “Professore” non era un soprannome. Costui era il capo indiscusso, il Direttore dell’Istituto. Sì, perché, un solo un professore, qualche tecnico e magari un ricercatore bastavano per giustificare l’esistenza dell’Istituto. Le regole erano poche, chiare e uguali per tutti. Gli orari di entrata e uscita, con l’unica tolleranza per la frequenza delle altre lezioni, il rispetto del superiore, con una scala gerarchica che contemplava anche l’anzianità degli interni, il divieto assoluto di delazione (attività che oggi invece pare andare per la maggiore, non solo in ambito accademico) e poche altre norme pratiche. L’istituto visto con gli occhi e la purezza dello studente interno era un ambiente idilliaco e armonico: comandava uno solo, le questioni si sbrigavano internamente e quando c’era da acquistare qualcosa bastavano un paio di telefonate. Tutto era gestito con la logica del buon padre di famiglia e la scelta dei fornitori si basava non solo sul prezzo migliore, ma soprattutto sulla loro affidabilità, ripetibilità e serietà comprovate dalle esperienze passate. L’istituto era come una famiglia, senza le intromissioni esterne e la falsa democrazia dei consessi attuali in cui la Democrazia non è più intesa come tutela della minoranza, ma come mero principio in base al quale le decisioni sono prese dalla maggioranza, con la minoranza che si conforma a esse. Negli istituti vigeva la norma, molto democratica e scientifica, del consenso e non quella della maggioranza. Se in ambito scientifico esistesse il principio maggioritario, oggi non avremmo né gli antibiotici, né i vaccini e non saremmo andati sulla luna.
Ancora oggi, per fortuna, chi partecipa ai gruppi di lavoro della commissione europea o comunque laddove si fa Scienza, sa che non si esce dalla stanza senza il consenso di tutti, a costo di fare notte fonda. L’EFSA, per citare un ambito a me familiare, è l’autorità europea per la sicurezza alimentare e il suo approccio è quello del consenso, della trasparenza, della qualità, dell’efficienza e della responsabilità (www.efsa.eu). Gli occhi dello studente degli anni ‘80 vedevano l’Istituto come quel luogo di libertà, ma non di anarchia, di autonomia e di libero scambio di idee tra pari, almeno sul piano della conoscenza. Il dado però era già stato tratto e l’avvio della sperimentazione organizzativa e didattica degli atenei, promossa dall’articolo 10 della legge 21 febbraio 1980 n. 28 e attuata con gli articoli 81 e seguenti del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, stava portando alla nascita dei dipartimenti universitari e con essi all’inserimento nel cosiddetto mondo del lavoro di quelli della mia generazione. Il «condominio di laureati» fu così il primo shoccante contatto con la nuova realtà da laureato. Il dipartimento aveva vinto e lo snellimento dei processi decisionali ora passava, con cadenza mensile, per un consiglio di dipartimento interfacoltà in cui i vecchi membri dell’Istituto, ridotti a uno sparuto numero, cercavano disperatamente di trovare, tra le maglie dell’attuale assetto organizzativo un pretesto per conseguire quel tanto auspicato coordinamento fra i settori scientifico-disciplinari omogenei. In un dipartimento universitario anche Jenner sarebbe stato messo in minoranza e il vaiolo sarebbe ancora oggi una malattia incontrollabile.
(Fonte: B. Cenci Goga, Roars 01 e 08-02-2015. L’autore dell’articolo ha fatto esperienza presso l’«Istituto di malattie infettive, profilassi e polizia veterinaria» dell’Università degli Studi di Perugia, istituto dove hanno lavorato illustri virologi quali Vittorio Cilli e Giovanni Castrucci. Nota di PSM)