Home 2015 18 marzo ATENEI. IT RENZI: CI SONO UNIVERSITÀ DI SERIE A E B NEI FATTI. PALEARI: A E B SONO UN MODO PER DIRE CHE CI SONO FUNZIONI DIVERSE NEI DIVERSI ATENEI
RENZI: CI SONO UNIVERSITÀ DI SERIE A E B NEI FATTI. PALEARI: A E B SONO UN MODO PER DIRE CHE CI SONO FUNZIONI DIVERSE NEI DIVERSI ATENEI PDF Stampa E-mail

Il presidente del Consiglio si presenta al Politecnico di Torino, ateneo dell'eccellenza italiana dove il 91 per cento degli ingegneri lavora un anno dopo la laurea, e chiaramente dice: «Negare che vi siano diverse qualità nell'università italiana è ridicolo. Ci sono università di serie A e B nei fatti e rifiutare la logica del merito e la valutazione dentro le facoltà, pensare che tutte possano essere uguali, è antidemocratico, non solo antimeritocratico». Oggi, alla vigilia della chiusura del decreto "La buona scuola" e dell'apertura della “Buona università", il presidente del Consiglio esprime la sostanza del suo pensiero: «Non possiamo pensare di portare tutte le novanta università italiane nella competizione globale, cosi ci spazzerebbero via tutti quanti». Ancora: «Un grande ateneo ha il compito di stare non sul mercato, ma nello scenario internazionale. Ci serve un passo in più affinché le grandi realtà non siano stritolate dai confini amministrativi. Non si può gestire il Politecnico di Torino come fosse un comune di cinquemila persone». Il 2015 sarà un anno costituente per il mondo accademico, dice. Stefano Paleari, presidente della Crui, è vicino a Renzi mentre lui dichiara. E successivamente preferisce non aprire un fronte polemico: «Non ho letto aggressività nelle parole del premier», dice Paleari, «le università di A e B sono un modo per dire che ci sono funzioni diverse nei diversi atenei. Alcuni stanno sul mercato internazionale, curano le eccellenze, altri sono veri e propri insediamenti sociali in territori difficili. Resta il fatto che la qualità media di tutti deve restare buona». Crede nell'anno costituente, Paleari: «Nelle ultime cinque stagioni ci sono stati sottratti 800 milioni, abbiamo perso diecimila ricercatori e tutti i docenti sotto i quarant'anni. L'inversione di tendenza è obbligatoria, ma non sarà necessario chiudere atenei. Il mondo accademico è cambiato dal 2011 a oggi. Non riceviamo più finanziamenti a pioggia, non abbiamo più rettori a vita. Io ho 50 anni e a fine anno torno a fare il professore e il ricercatore nella mia università di Bergamo». (Fonte: La Repubblica 19-02-2015)