Home 2015 14 aprile RICERCA. RICERCATORI. VALUTAZIONE DELLA RICERCA RICERCA. ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE NON C’È ALTERNATIVA
RICERCA. ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE NON C’È ALTERNATIVA PDF Stampa E-mail

L’Accademia dei Lincei a Roma e la convention Telethon a Riva del Garda sono gli scenari che hanno visto nuovi tentativi di dialogare con la politica, i media, ma anche con il grande pubblico, per spiegare le conseguenze che avrà la direttiva europea 2010/63 sulla sperimentazione animale, così come è stata applicata in Italia. E con lo sguardo preoccupato verso l’iniziativa di Stop Vivisection, che giocando su questo termine fuorviante, “vivisezione”, il 3 marzo ha depositato in Europa più di un milione di firme, oltre 600.000 delle quali raccolte in Italia, per chiedere il bando totale della sperimentazione animale negli Stati membri. Ci sono tre mesi perché la Commissione dia una risposta, ma se fosse un sì, le conseguenze di questa decisione sarebbero catastrofiche, bloccando gran parte della ricerca biomedica in tutto il continente. La sperimentazione animale è ancora imprescindibile per la ricerca biomedica. «Non solo per verificare la sicurezza di nuovi farmaci, ma prima ancora per capire i meccanismi di base della biologia e quelli all’origine delle malattie, indispensabili per arrivare a ideare possibili nuovi approcci terapeutici» ha precisato Giacomo Rizzolatti, membro del Gruppo 2003, famoso in tutto il mondo per aver scoperto i cosiddetti “neuroni specchio”, che nel corso del convegno ha citato vari esempi di malattie come la miastenia grave, un tempo inesorabilmente mortali, che oggi possono essere curate grazie al bagaglio di informazioni raccolte in questa fase imprescindibile della ricerca, quella detta “di base”. «Le obiezioni sollevate contro l’uso degli animali nella ricerca sono sempre meno motivate da scrupoli etici, e sempre più da ragioni a cui si vuole dare una valenza scientifica» ha fatto notare Silvio Garattini, dell’Istituto Mario Negri di Milano. «Si dice per esempio che gli animali sono diversi dall’uomo, e i risultati ottenuti su un topo non possono essere traslati agli esseri umani. Ma la storia della medicina insegna il contrario: sono moltissime, anzi la maggior parte, le cure messe a punto sugli animali che hanno cambiato il destino di molti ammalati». Alla fine, prima di poter portare una terapia al letto dell’ammalato, il passaggio preliminare sugli animali resta indispensabile» conclude Garattini. Senza contare che la sperimentazione serve anche per produrre cure per gli stessi animali da compagnia cui siamo tanto affezionati. Non ci guadagnano gli animali nemmeno da uno degli elementi introdotti dalla normativa italiana rispetto a quella europea: il divieto cioè di allevare cani, gatti e primati sul territorio italiano a scopo di ricerca. «La necessità di importarli dall’estero non ha solo un impatto economico» ha spiegato Gianluca Grignaschi, dell’Istituto Mario Negri di Milano alla tavola rotonda organizzata il 9 marzo nell’ambito della convention Telethon, «ma incide sul loro benessere, costringendoli a lunghi trasporti che li espongono a rischi e stress». Molti ricercatori italiani sono incastrati in una situazione paradossale: da un lato cercano di accedere ai finanziamenti europei per ottenere i fondi che in patria scarseggiano, dall’altro non possono ottenerli proprio a causa di una legge italiana, nata per applicare una direttiva comunitaria, ma che da questa si è poi distaccata. (Fonte: scienzainrete marzo 2015)