Home 2015 18 maggio VARIE SUL CONTROLLO DI LEGITTIMITÀ IMPOSTO DALLA CORTE DEI CONTI SUI CONTRATTI DI COLLABORAZIONE COORDINATA E CONTINUATIVA DELLE UNIVERSITÀ
SUL CONTROLLO DI LEGITTIMITÀ IMPOSTO DALLA CORTE DEI CONTI SUI CONTRATTI DI COLLABORAZIONE COORDINATA E CONTINUATIVA DELLE UNIVERSITÀ PDF Stampa E-mail

La sentenza 172/2010 della Corte costituzionale, a seguito di un ricorso della Regione Veneto stabilisce che il controllo preventivo di legittimità si applica ai soli atti delle Amministrazioni statali e non già di tutte le Amministrazioni pubbliche. La norma, pertanto, non trova applicazione nei confronti delle Università che, come gli Enti Locali richiamati espressamente nella pronuncia, rientrano nel novero delle Amministrazioni Pubbliche non statali. Sono però trascorsi ben 5 anni e i contratti di collaborazione delle Università sono ancora soggetti a questa bizantina procedura che crea lentezze, burocrazia, frustrazione e impedimenti. Chissà perché non è cambiato nulla dopo la sentenza della Consulta?
L’applicazione estensiva e generalizzata del controllo preventivo di legittimità a tutti gli incarichi di studio, consulenza e ricerca delle Università – come poi si è effettivamente realizzata – è frutto di un’interpretazione distorta della normativa. Tale applicazione è chiaramente in palese contrasto con le finalità del legislatore: se su un progetto che prevede un budget specifico per contratti esterni non si dà corso a tali contratti, l’Università non recupera fondi per risanare il proprio bilancio ma deve restituire i fondi al finanziatore. Il risultato è che, limitando i contratti esterni per esempio su un progetto europeo, reintegriamo il bilancio della Commissione Europea e non certo quello dell’Università. Viceversa, partecipando a progetti che prevedono anche l’utilizzo di incarichi esterni, l’Università riceve un utile per il proprio bilancio attraverso le ritenute, l’Erario ne riceve comunque un beneficio in termini di contributi fiscali e previdenziali, per non parlare poi del fatto che, magari, l’incaricato potrebbe anche produrre qualcosa di utile alla Società con l’attività di ricerca commissionata, addirittura persino occupandosi di Cappadocia ellenistica. Ma quest’ultimo punto pare proprio il più difficile da far comprendere fuori dall’Università. In tutto il mondo la ricerca si fa con i progetti, con i finanziamenti esterni e con ricercatori a contratto a tempo determinato. E’ quindi del tutto inappropriato applicare alla ricerca, in modo acritico e indifferenziato, misure di controllo della spesa e del precariato concepite per contrastare abusi in altri settori della Pubblica Amministrazione. Forse la reale motivazione dietro tutto questo è che così le Università potranno assumere qualche amministrativo in più per fare le fotocopie e qualche ricercatore in meno per sviluppare cultura e innovazione. (Fonte: N. Casagli. http://tinyurl.com/n45elkn 13-04-2015)