Home 2015 8 luglio RECLUTAMENTO RECLUTAMENTO. CONSEGUENZE DELLA LEGGE GELMINI
RECLUTAMENTO. CONSEGUENZE DELLA LEGGE GELMINI PDF Stampa E-mail

Si è ritenuto di abolire, per quanto riguarda il grande bubbone del reclutamento, i vecchi concorsi per passare alle abilitazioni nazionali che avrebbero dovuto essere fondate su criteri puramente meritocratici culminando in un listone nazionale di idonei, inquadrati e non nelle università, al cui interno gli Atenei avrebbero potuto attingere, attraverso concorsi di nuovo tipo, il personale docente da assumere. Qui entriamo nel massimo di confusione e autocontraddizione cui mai si era forse giunti nella spesso grandguignolesca vicenda storica dell'università italiana. Il legislatore aveva, tra l'altro, voluto democraticamente offrire una chance a chi dell'università non faceva parte e tuttavia aveva i titoli per accedervi, ma le cose sono andate come nel grande dramma shakespeariano o in certi film di Woody Allen. II caso si è impadronito maliziosamente del congegno, e si è di fatto creato il meccanismo più familistico che mai un cervello ministeriale abbia avuto modo di congegnare. Si è detto di voler favorire il reclutamento di coloro che non erano ancora inseriti nei ranghi dell'università salvo poi rendere possibile i progressi di carriera, per motivi di budget, solo a coloro che di fatto erano già «accademici». Di fatto è cosi: chi viene da fuori costa troppo. Il meccanismo così creato e di fatto abnorme e distorcente del tutto indipendentemente dal sicuro valore di molti candidati «interni». In ogni sistema universitario che si rispetti si favorisce lo scambio di professori tra gli Atenei e l'acquisizione di nuove risorse per rinnovare gli ambienti scientifici e rivitalizzarli di idee e di iniziative. In Italia invece, per un meccanismo di distribuzione delle risorse malato, si favoriscono esclusivamente gli scorrimenti interni che costano «solo» un segmento stipendiale e non un coefficiente intero. (Fonte: F. Vercellone, La Stampa 15-05-15)