Home 2015 8 luglio LIBRI. RAPPORTI DEFINE THEMATIC REPORT: UNIVERSITY MERGERS IN EUROPE
DEFINE THEMATIC REPORT: UNIVERSITY MERGERS IN EUROPE PDF Stampa E-mail

Autori: E. Bennetot Pruvot, T. Estermann, P. Mason. Ed. EUA - European University Association, 2015, pp. 61.
University mergers in Europe è il secondo Rapporto EUA - European University Association - che idealmente segue quello sul finanziamento dell’eccellenza, nell’ambito del Progetto Define, destinato a offrire ai decisori politici e agli amministratori universitari validi suggerimenti per utilizzare al meglio i finanziamenti pubblici. La pubblicazione descrive un’ampia varietà di processi di fusione e di concentrazione tra istituzioni universitarie, realizzati a partire dal 2000 con crescente intensità in 25 sistemi europei di istruzione superiore. Focalizzandone l’efficienza, sono presentate e analizzate come best practice alcune realizzazioni – specifiche per fattori storici e/o geografici – che hanno prodotto una concentrazione con riduzione numerica dei preesistenti atenei ovvero la creazione di poli universitari (hub) federati. Ne è un necessario presupposto il volontario processo improntato alla mutua fiducia – il cosiddetto CAM spectrum (collaboration, alliances e mergers) – al termine del quale almeno una delle istituzioni coinvolte perde la propria individualità giuridica per originare una nuova realtà. A livello statale le fusioni sono particolarmente diffuse in Danimarca, che in pochissimi anni ha ridotto i suoi atenei, creando nel 2009 una nuova mappa di università della ricerca. Dall’inizio del secolo la discussione sull’innovativa architettura istituzionale sta guadagnando posizioni nell’Agenda dei principali sistemi europei di istruzione superiore. Numerosi esempi pilota sono stati avviati con crescente interesse anche in Belgio, Croazia (creazione di 3 nuove università in un sistema tradizionalmente frammentato in storiche facoltà indipendenti), Danimarca, Finlandia, Estonia, Francia, Ungheria (in meno di due decenni riduzione delle università da 50 a 28), Lettonia, Lituania, Norvegia e Svezia. Altrove (Repubblica Ceca, Germania, Islanda, Italia, Polonia, Portogallo e Slovacchia) le fusioni rappresentano ancora un fenomeno isolato.Tra le principali motivazioni alla base delle fusioni analizzate, indicate dalle Conferenze Nazionali dei Rettori coinvolte nell’indagine, figurano, oltre alle intese geografiche per evitare possibili esodi di studenti nazionali: l’accrescimento della qualità e il consolidamento del sistema in termini di reputazione e di competitività, conseguenti all’accorpamento di talenti, di infrastrutture e di risorse finanziarie concentrate con maggiori opportunità di condurre ricerche interdisciplinari in un più ampio ventaglio di discipline accademiche; i risparmi derivanti dalle economie di scala nella fornitura dei servizi, grazie alla razionalizzazione dell’offerta formativa, che evita inutili duplicazioni ed elimina i programmi didattici di scarsa qualità. (Fonte: L. Moscarelli, rivistauniversitas maggio 2015)