Home 2015 7 settembre VARIE LAUREE UMANISTICHE. DISCUSSIONE SULL'UTILITÀ
LAUREE UMANISTICHE. DISCUSSIONE SULL'UTILITÀ PDF Stampa E-mail

Si fa un gran parlare degli articoli pubblicati su Il Fatto Quotidiano dal vicedirettore Stefano Feltri a partire dal 12 agosto sull’utilità delle lauree umanistiche. Le lauree umanistiche sono una perdita di tempo e soldi e quindi adatte solo a chi non ha bisogno di lavorare per vivere, come conclude con convinzione Feltri? Non è assolutamente vero che le lauree umanistiche siano del tutto inutili, almeno se insegnate in un certo modo. Nel contesto anglosassone la discussione sul valore delle scienze umanistiche è da tempo vivace, e le proposte non sono mancate. Molti osservatori hanno posto l’accento sulle capacità pratiche che possono essere acquisite grazie a studi umanistici e trasferite in una varietà di contesti lavorativi diversi (si parla infatti di ‘transferable skills’). Queste includono la creatività e la capacità di lettura e analisi, di ricerca di informazioni, di elaborazione dati, di scrittura e di comunicazione, senza contare le doti linguistiche nel caso dello studio di lingue straniere. Tutte queste capacità, se valorizzate e applicate, possono risultare utili nell’industria come in altri campi. È auspicabile dunque che anche in Italia si sviluppi una riflessione analoga e che le lauree umanistiche vengano adeguatamente modernizzate e valorizzate per consentire ai laureati di trovare una collocazione più diversificata di quella offerta finora. Questo non vuol dire che si debba abbandonare quanto c’è di buono e importante nelle lauree italiane per copiare maldestramente quelle anglosassoni, ma forse semplicemente ridimensionare una formazione nozionistica in favore di un approccio più analitico e pragmatico che risponda meglio alle esigenze del mondo del lavoro. Inoltre, anche mettendo da parte il valore umano delle ‘humanities’ e l’importanza di studiare la nostra e altre culture con apertura mentale e curiosità, il valore economico delle scienze umanistiche è tutt’altro che irrilevante. Senza contare che a riaffermare il valore delle scienze umanistiche sono anche innumerevoli articoli o libri importanti e diversi come Not For Profit di Martha Nussbaum o The Value of the Humanities di Helen Small. In sostanza, le ‘tranferable skills’ degli studi umanistici, oltre ad avere un valore sociale, possono aiutare in settori lavorativi che vanno dalle ‘creative industries’ (settore che in Italia è certamente poco valorizzato considerando l’incredibile patrimonio artistico e culturale del paese), alla pubblica amministrazione, alle industrie tecnologiche. (Fonte: M. Azzolini, Roars 21-08-15)