Home 2015 7 settembre VARIE FRENI ALL'INNOVAZIONE IN UNIVERSITÀ
FRENI ALL'INNOVAZIONE IN UNIVERSITÀ PDF Stampa E-mail

«Quando i vincoli normativi diventano stringenti, se non contraddittori, e su qualsiasi decisione incombe il terrore del ricorso al Tar e/o del “danno erariale” (per il quale chi ha deciso male deve mettere mano al portafoglio per rifondere lo Stato delle sue decisioni errate), è ovvio che una struttura tenderà a chiudersi a ogni ipotesi rischiosa e quindi a ogni atteggiamento “imprenditoriale”». «Oggi, tra misure per il contenimento della spesa pubblica (ad esempio un ateneo in crescita non può acquistare banchi e sedie per le proprie aule nuove, perché lo Stato ha posto dei limiti alle pubblica amministrazione sulla spesa per arredi!), normativa sulla trasparenza e la corruzione (che agita lo spettro del conflitto d’interesse dietro ogni angolo), e altre norme, la cosa migliore finisce essere: non fare nulla. E, anche in un ateneo che voglia essere dinamico, in qualsiasi riunione si passerà la maggior parte del tempo a dibattere “cosa si può fare” anziché “cosa si vuole fare”». «A questi problemi si aggiungono quelli legati al reclutamento di persone che possano lavorare su progetti finanziati. Tra autorizzazioni e procedure di concorso, fosse anche per una collaborazione limitata, possono passare tempi incompatibili con quello che chiedono gli enti committenti». «I docenti sono contemporaneamente dipendenti e gestori dell’istituzione stessa. In tempi passati vi era il rischio di avere atenei autoreferenziali e incapaci di avere un impatto significativo e positivo sulla società, e questo era sicuramente un male. Oggi vedo il rischio opposto: quello di avere atenei chiusi in una “gabbia” molto stretta di indicatori di performance e regole, retti da una burocrazia che ne è interprete, e nei quali il personale docente e ricercatore finisce per essere considerato come un “operatore della ricerca” incaricato di produrre, come su una linea di montaggio, rendiconti finanziari, pubblicazioni, e ore di lezione». (Fonte: F. Sironi, intervista a M. Cantamessa, espresso.repubblica.it 10-08-15)