Home 2016 22 marzo FINANZIAMENTI I FINANZIAMENTI ALLA RICERCA DELL’EUROPEAN RESEARCH COUNCIL (ERC)
I FINANZIAMENTI ALLA RICERCA DELL’EUROPEAN RESEARCH COUNCIL (ERC) PDF Stampa E-mail

Uno sguardo ai primi 7 anni di attività dell’ERC aiuta a farsi un'idea della situazione. L'ERC ha finanziato complessivamente circa 4.300 progetti, 407 dei quali vinti da ricercatori con passaporto italiano. Di questi solo 229 sono stati portati in Italia. Significa che i rimanenti 178 vincitori "italiani" o si trovavano all'estero o hanno scelto di trasferirvisi per sviluppare il proprio progetto. Infine, in questo periodo l'Italia ha accolto solamente 24 ricercatori da altri paesi. Un confronto con la Francia, paese a noi simile per demografia e reddito, mostra che dei 498 finanziamenti ottenuti da studiosi "francesi", ben 417 sono rimasti nel paese. La Francia ospita inoltre 154 progetti di studiosi non-nazionali. Tra i paesi grandi, con cui dovremmo ambire a confrontarci, svetta il Regno Unito che ha un totale di 969 progetti, di cui 433 fanno capo a ricercatori non-nazionali. Riassumendo: l'Italia trattiene appena il 56 per cento dei fondi vinti dai suoi ricercatori nazionali, contro il 64 per cento della Germania, l'84 della Francia, l'88 del Regno Unito. Il quadro peggiora se si considera che, a fronte del deflusso, il paese attrae pochissimi cervelli: i progetti gestiti da non-nazionali sono il 10 per cento in Italia, contro il 30 per cento di Francia e Germania, il 45 del Regno Unito.
Fino al 2015, secondo un decreto del 2011 i vincitori degli Starting Grant dell’ERC potevano entrare nelle università italiane con una chiamata diretta come ricercatori a tempo determinato o come professori associati. Con un decreto firmato il 28 dicembre, però, il MIUR ha stabilito che i vincitori di uno Starting Grant potranno essere chiamati nelle università italiane solo come ricercatori a tempo determinato, cioè con contratti triennali non rinnovabili, riservati a chi ha usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato. Tre anni, senza possibilità di rinnovo, ma con un meccanismo di tenure track, un successivo (ma non obbligatorio) inserimento come professore associato se ottengono l'abilitazione e l'ateneo delibera a favore. (Fonte: F. Lippi, Il Foglio 23-02-16; V. Della Sala, FQ 23-02-16)