Home 2016 22 marzo RICERCA. RICERCATORI I PRECARI DELLA RICERCA: 66.097
I PRECARI DELLA RICERCA: 66.097 PDF Stampa E-mail

Secondo i dati MIUR del 2014 il numero di borsisti, assegnisti, ricercatori a contratto e consulenti, tutti con contratti in scadenza, ammonta a ben 66.097 a fronte dei 51.839 ricercatori di ruolo, professori associati e ordinari. Il Coordinamento nazionale ricercatrici e ricercatori non strutturati ha raccolto dati su un campione di 1.200 non strutturati in tutti i macrosettori della ricerca. La ricerca stima che i soli assegnisti, espressamente pagati per fare ricerca, abbiano fornito nella loro carriera un contributo gratuito pari al lavoro di tutti i dipendenti della regione Piemonte per 2 anni. I precari sono essenziali per lo svolgimento degli esami, seguono i tesisti, si occupano di mansioni amministrative e di incarichi all’esterno per l’università (perizie, formazione, consulenze). Ma, soprattutto, insegnano. Il coordinamento stima che gli attuali assegnisti italiani hanno tenuto lezione in corsi di cui non sono titolari per una quantità di ore che è pari a 10,6 volte tutta l’offerta formativa dell’università di Milano Statale. I non strutturati censiti dal sondaggio hanno concluso mediamente da 5 anni il dottorato di ricerca e da allora hanno già lavorato 10 mesi gratuitamente, senza alcuna certezza per il loro futuro. Hanno scritto progetti (mediamente 7 nella propria carriera), eseguito consulenze per l’università (14 in media), partecipato a gruppi di ricerca stranieri (6 in media), pubblicato (mediamente 25 tra articoli, libri, curatele, atti di convegni) e realizzato brevetti (2 in media). Hanno lavorato mediamente 55 ore a settimana, spesso costretti a trascurare proprio ciò per cui sono realmente pagati, ossia la ricerca: l’80% dichiara di fare fatica a fare ricerca proprio perché spesso impegnato in attività didattiche e amministrative. Peraltro la situazione italiana viola apertamente quanto sancito dalla Carta Europea dei Ricercatori. La Commissione europea, che eroga i fondi per la ricerca, pretende che gli assegnisti siano inquadrati come lavoratori. L’Unione europea pretende che gli assegnisti abbiano un contratto di lavoro, altrimenti non è disposta a finanziare neppure i bandi già vinti. Su questo punto c’è un contenzioso tra il MIUR e l’Unione europea. (Fonte: E. Ciccarello, FQ Scuola 29-02-16)