Home 2016 22 marzo RICERCA. RICERCATORI RICERCA. SITUAZIONE INVOLUTIVA
RICERCA. SITUAZIONE INVOLUTIVA PDF Stampa E-mail

Nel 2010 erano circa 125.000 gli studenti che conseguivano il dottorato in Europa. Ma quanto guadagna, di norma, un ricercatore in Europa? Prendiamo come riferimento due università europee, una olandese e una italiana. Un dottorando all’Università di Utrecht riceve una retribuzione lorda di 32.928 euro annui. Un dottorando alla Luiss di Roma percepisce un compenso lordo pari a 13.638 euro annui. L’Università di Utrecht è pubblica, la Luiss privata. Viene da pensare che il settore pubblico olandese sia migliore persino dell’eccellenza del nostro privato. A chi stia già pensando che il costo della vita in Olanda è abbondantemente più alto di quello italiano, risponde l’Eurostat posizionando l’Italia poco dopo l’Olanda, con 0,8 punti percentuali in meno. Secondo quanto riporta l’OSCE (Organization for Security and Cooperation in Europe), organizzazione regionale con circa 57 stati partecipanti, tra cui Canada, Stati Uniti e Russia, l’Italia è all’ultimo posto in Europa per quanto riguarda la spesa per l’istruzione pubblica. Allargando il raggio, nemmeno l’Indonesia si posiziona tanto male. La percentuale della nostrana ultima della lista conta un valore di 0,6 dottorandi ogni 1000 abitanti, contro i 3,8 della Finlandia. A questi dati scoraggianti, si aggiungono quelli dei ricercatori precari. Più della metà. Un dato che ammonta a 66.097 ricercatori precari, 15.000 in più rispetto ai ricercatori regolarmente assunti e tutto questo in aperta violazione delle norme sancite dalla The European Charter for Researchers, ovvero la Bibbia Europea dei ricercatori. La Commissione Europea che eroga i fondi destinati alla ricerca impone il ricercatore nello stesso inquadramento del lavoratore, con un regolare contratto. Il contenzioso tra MIUR (Ministero dell’Istruzione) e l’UE è aperto e incandescente. Gli scienziati hanno invitato l’UE a fare pressione sul governo italiano affinché finanzi adeguatamente la ricerca. Lo scorso 4 febbraio, 69 scienziati italiani hanno scritto una lettera apparsa sulla rivista scientifica Nature in cui si legge: “Oramai da decenni il CNR non riesce a finanziare la ricerca di base, operando in un regime di perenne carenza di risorse. I fondi per la ricerca sono stati ridotti al lumicino. I PRIN (Progetti di ricerca di interesse nazionale) sono rimasti inattivi dal 2012, fatta eccezione per alcune piccole iniziative.”
In sostanza, l’Italia non solo tarda a rinnovarsi e ad investire sul tema “ricerca”, ma addirittura subisce un’involuzione, auto-proclamandosi membro onorario di un progressivo processo di atrofizzazione culturale.
Sul sito charge.org una petizione tenta di salvare la ricerca italiana, per aderire vi basterà cliccare qui:
http://tinyurl.com/h4zhxz3 .
(Fonte: M. Di Chiro, http://www.archeomolise.it/eventi/1011224-alla-ricerca-di-meno.html 03-03-16)