“RACCOMANDAZIONI” ISTITUZIONALIZZATE E PUBBLICHE NEI CONCORSI UNIVERSITARI |
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La maggiore differenza tra l’Italia e almeno alcuni dei paesi considerati “virtuosi” è l’assunzione diretta di responsabilità da parte di chi è coinvolto nelle selezioni dei professori. Ad esempio, è pratica comune che i candidati per una posizione indichino uno o più nomi di prestigiosi studiosi, i quali sono chiamati a dare le loro impressioni sul candidato, elencandone pregi e possibili difetti. La scelta di chi scrive la recommendation letter è molto delicata, implicando un delicato equilibrio tra prestigio dello scrivente e conoscenza approfondita del candidato. Non è raro il caso che chi scrive la lettera raccomanda, più o meno esplicitamente, di non selezionare il candidato, allo scopo di non compromettere la sua reputazione. Le raccomandazioni sono quindi istituzionalizzate, e chi ne firma una è moralmente responsabile di eventuali divergenze tra qualità dichiarate e dimostrate da un candidato. Scrivere lettere che risultano ingiustificate impedirà non solo il riconoscimento di future raccomandazioni, ma comprometterà anche il rapporto di fiducia tra il ricercatore e l’istituzione. Vale la pena rovinarsi un rapporto fiduciario per, forse, contribuire ad una posizione ingiustificata? Un commento di G. Pastore alla fine dell’articolo: Le proposte dell’articolo sono sensate ma possono anche essere rese più forti: |