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SITUAZIONE DEI LAUREATI E DEI DOTTORI DI RICERCA PDF Stampa E-mail

Mentre l'economia è di nuovo ferma, le opportunità diminuiscono. Il salario medio d’ingresso nel mondo del lavoro di un laureato triennale è calato dai 1300 euro del 2007 ai 1000 del 2012. E se la laurea ancora aiuta a trovare un lavoro, all'estero viene pagata il doppio che da noi. Non è un caso che 4 studenti su 10 provino a fare le valigie e che in 10 anni abbiamo perso circa 700 mila laureati, la cui formazione - tra l'altro - c’è costata circa 8,5 miliardi. Come non è un caso che la disoccupazione giovanile sia superiore al 40% e che su 100 giovani tra i 25-34 anni, i laureati italiani siano il 22%, contro una media Ocse del 39%. E così un crudo pragmatismo ha infettato i ragazzi, che si iscrivono sempre di meno alle università, con un calo di 50 mila unità in pochi anni, e abbandonano gli studi più che altrove in Europa (il 45% secondo Bruxelles). Così, l'Italia ha una delle più basse quote continentali di laureati tra i 30 e i 34 anni. Per fare un esempio, il numero dei "dottori" in Francia e Germania cresce ad un ritmo doppio, mentre la Polonia, con i sui 5,6 milioni, ha un numero di laureati che sta per superare il nostro.
Non cambia il discorso per l'istruzione di alto livello. I 10 mila nuovi dottori di ricerca proclamati ogni anno sono inferiori alla media Ocse, come anche il loro impiego presso aziende che fanno ricerca e sviluppo. D'altra parte, pur trovando nella maggioranza dei casi un lavoro, circa la metà dei Ph.D non sfrutta tutte le competenze acquisite e 1 su 3 sostiene che il titolo di studio conseguito gli è sostanzialmente inutile.
C'è da essere preoccupati, e non solo per amore della cultura. Il problema è che paesi emergenti prima hanno sfidato la nostra industria giocando sul basso costo del lavoro, e ora si accingono alla battaglia finale facendo leva su conoscenze, innovazione e ricerca. (Fonte: E. Cisnetto, Il Gazzettino 18-09-16)