Home 2016 21 novembre RICERCA. RICERCATORI FARE SCIENZA È UN LUSSO E CRESCONO LE DISUGUAGLIANZE ALL’INTERNO DELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA
FARE SCIENZA È UN LUSSO E CRESCONO LE DISUGUAGLIANZE ALL’INTERNO DELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA PDF Stampa E-mail

In un recente speciale di Nature si conclude che fare scienza è un lusso che, almeno in Occidente, possono permettersi solo i ricchi. Con un corollario: le disuguaglianze all’interno della comunità scientifica – pochi ricchissimi, molti poveri – crescono più che nel resto della società. L’analisi riguarda il mondo intero e, dunque, tiene conto delle più diverse dinamiche, anche in contraddizione tra loro, di una comunità, quella scientifica, che ormai conta tra otto e dieci milioni di persone. Ma la tendenza – soprattutto nei paesi dell’Occidente (Europa, Nord America, Giappone) – sembra proprio questa: cresce la disuguaglianza. Le analisi indipendenti proposte da Nature portano a questa medesima conclusione. Un’analisi misura le differenze di salario e il grado di soddisfazione di scienziati di ogni parte del mondo. Gli scienziati europei hanno i redditi più bassi tra i paesi occidentali: all’incirca il 25% non supera i 30.000 dollari l’anno, contro il 6% dei ricercatori negli Stati Uniti. Vero è che in Asia i salari medi sono ancora inferiori a quelli occidentali, ma lì contano le prospettive future. I ricercatori europei in grandissima maggioranza pensano che il futuro sarà peggiore del presente. La pensa così l’86% dei ricercatori francesi, l’80% dei ricercatori italiani e inglesi, il 68% degli spagnoli. Solo tra i tedeschi il pessimismo è leggermente meno diffuso: solo (si fa per dire) il 63% vede nero nel proprio futuro. Sembrerà strano ma anche negli USA (70%) e in Giappone (69%) impera il pessimismo. Al contrario, in India (70%) e in Cina (71%) i ricercatori pensano che il loro futuro sarà migliore del presente. L’Asia continentale, dunque, ha una comunità scientifica in rapida crescita e sostanzialmente entusiasta del proprio lavoro e del proprio (nuovo) status sociale. Ma il problema principale rilevato dallo speciale di Nature è la disuguaglianza. Non solo tra i Paesi, ma anche all’interno delle comunità scientifiche delle singole nazioni. Un esempio eclatante è quello della University of California: lì potete trovare 29 ricercatori biomedici che guadagnano oltre 1.000.000 di dollari l’anno; e altri dieci ricercatori non di ambito medico che guadagnano più di 400.000 dollari. Poi trovate tutto il resto dei ricercatori senior che guadagnano meno di un quarto dei top scientists e migliaia di giovani che non raggiungono i 50.000 dollari. Insomma, sostiene Nature, anche quella scientifica è una “società dell’1%”: una minoranza di super-ricchi e una schiacciante maggioranza di (relativamente) poveri. (Fonte: P. Greco, IlBo 02-11-16)