LA RICERCA DEVE ESSERE IN PARTE VINCOLATA NEGLI OBIETTIVI DALLE TASSE DEI CITTADINI? |
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Antonio Scurati, sulle pagine del Corriere, ha lamentato "l'asservimento di ricerca e insegnamento a logiche di mercato", e afferma essere una menzogna (per "tutti noi docenti") la "presunta" possibilità di un "sistema di valutazione oggettivo della conoscenza prodotta" e auspica un ritorno al principio costituzionale secondo cui "l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento". Secondo Andrea Ichino, invece, vi è l'opportunità di una valutazione e la sostiene con una originale motivazione: "Siamo pagati dalle tasse dei cittadini e non vedo per quale motivo dovremmo essere liberi di fare ricerca che interessi solo a noi o che incrementi in modo insignificante l'ammontare di conoscenze che interessano a chi ci paga. O peggio, per quale motivo dovremmo poterci permettere di non fare alcuna ricerca. A maggior ragione se le risorse non sono infinite (una premessa che forse quelli di Roars non condividono) e quindi se queste risorse possono essere utilizzate per costruire ospedali o creare nuovi posti di lavoro invece che per i nostri stipendi. Chiedo ai firmatari dell'appello – continua Ichino - se davvero pensano che a noi professori universitari possa essere concesso il diritto di fare quel che più ci piace senza alcun controllo e a spese di chi paga le tasse. Credo (o per lo meno spero) che non lo pensino, e quindi il problema non è se valutare, ma come valutare. (F: A. Ichino, Il Foglio 19.02.20)
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