Home 2023 14 ottobre IN EVIDENZA A PROPOSITO DI RETRIBUZIONI DEI DOCENTI UNIVERSITARI
A PROPOSITO DI RETRIBUZIONI DEI DOCENTI UNIVERSITARI PDF Stampa E-mail

Come altre categorie, quali i Magistrati, gli Avvocati dello Stato e il Personale delle Forze Armate, quelle dei Professori e dei Ricercatori Universitari rientrano nelle "categorie non contrattualizzate" per le quali il Parlamento si è sempre riservato di trattare direttamente per Legge tutto quanto riguarda le carriere e gli emolumenti. Per i Professori e i Ricercatori Universitari l'ultimo provvedimento strutturale da parte del Parlamento, in termini di emolumenti, risale agli anni 80 (DPR 382 del 1980 e qualche leggina negli anni successivi), ossia a circa 40 anni fa. Da allora solo un adeguamento minimale, basato sui valori medi degli aumenti stipendiali delle altre categorie del pubblico impiego certificato dall'ISTAT sulla base del rinnovo dei contratti collettivi di ogni anno. Una specie di "clausola di salvaguardia" per evitare lo scadere degli emolumenti a livello intollerabile, ma che non tiene conto dell'evoluzione intervenuta in 40 anni. Un intervento importante si è avuto nel 2017, con il passaggio da classi e scatti triennali a biennali sancito dalla Legge n. 205 del 27 dicembre 2017, che però era solo il recupero degli emolumenti che erano stati bloccati dal 2011 al 2015. Per i Professori e i Ricercatori il passaggio da classi e scatti triennali a biennali fu in effetti solo il recupero di una parte di ciò che era stato a loro sottratto (unica categoria del pubblico impiego: ad esempio i Magistrati non furono mai assoggettati al blocco). Solo per i nuovi assunti e per chi ha cambiato categoria il passaggio da classi e scatti triennali a biennali si è tradotto in un miglioramento.
In conclusione negli ultimi 40 anni non è intervenuta alcuna misura strutturale per Professori e Ricercatori Universitari, malgrado in 40 anni si siano via via creati ed esaltati due fenomeni: Primo: il divaricamento sempre più ampio delle retribuzioni rispetto alla media europea. I provvedimenti degli anni 80 avevano recuperato in buona parte il divario allora esistente, ma con il passare degli anni il divario si è ricreato: ormai le retribuzioni dei Professori e dei Ricercatori in Europa sono almeno il doppio di quelle italiane. Tale divaricazione non merita Il Corpo Docente Italiano, che negli anni, malgrado tutti i tagli, anche stipendiali, non solo ha saputo mantenere la Ricerca Italiana all'ottavo posto delle classifiche dell'OCSE, e spesso anche al disopra, ma ha anche visto crescere il suo carico di lavoro sul piano della didattica e dei compiti burocratici. Secondo: Il fenomeno cosiddetto dei "cervelli in fuga", ossia di tanti talenti buoni e molto buoni italiani che cercano collocazione all'estero, sia perché le condizioni della Ricerca in Italia sono inferiori a quelle che si hanno in altri Paesi, sia anche per la retribuzione molto più bassa rispetto a quella dei Colleghi Europei. È pertanto arrivato il momento di proporre per i Professori e Ricercatori universitari un adeguamento ai livelli di retribuzione dell'Europa. (Fonte: Lettera del 03-11-2022 inviata al ministro UR da parte del Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria e ricevuta in copia da PSM tramite email il 5.10.23)