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15 Marzo
Mozione del CUN sulla delibera n. 24/2009 della “Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del governo e delle amministrazioni dello stato” PDF Stampa E-mail
Nell’adunanza del 10-02-2010 il CUN ha approvato la seguente mozione:
- Vista la delibera n. 24/2009 della Corte dei Conti con cui si applica il controllo preventivo da parte della Corte medesima su qualunque atto contrattuale di consulenza e di collaborazione emesso dalle Università a valere sia su fondi di provenienza pubblica sia su finanziamenti di provenienza privata;
- esprime grandissima preoccupazione riguardo al negativo impatto che tale provvedimento comporta nella vita degli atenei italiani, in particolare nelle attività di ricerca scientifica nazionale e internazionale. Tale provvedimento interviene nei tempi dei processi decisionali e nella loro implementazione, di fatto togliendo tempestività e incisività, fattori oggi cruciali nella vita degli atenei;
- annota che già esistono numerose tipologie di controlli che sono correntemente esercitati sugli atti delle università dai Consigli di Amministrazione, dai Nuclei di Valutazione interna, dagli esperti del MIUR, dai Collegi dei Revisori Contabili, ecc.; per non parlare dei controlli a posteriori quali quelli sulla qualità dei risultati di attività didattica e di ricerca scientifica utilizzati anche per la concessione di finanziamenti;
- esprime la sua decisa contrarietà riguardo al rinnovarsi di provvedimenti contingenti e specifici i quali, al di fuori di letture di contesto e significato nonché di disegni di razionalizzazione e qualificazione, mantengono gli atenei in uno stato di “emergenza permanente e continua”.
Il CUN, pur non entrando nel merito delle interpretazioni giuridiche che sottendono il provvedimento né esprimendo valutazioni sul particolare processo che ha portato a questo sorprendente esito - che, tra l’altro, appare in contrasto con il comma 10 dell’art.7 della L. 9 maggio 1989 n. 168 istitutiva del MURST;
- protesta per la continua erosione dei confini istituzionali dell’autonomia entro cui gli atenei sono chiamati a operare, fatto questo oramai reiterato da una molteplicità di atti normativi e operativi che impongono procedure e burocrazia, di là da ogni valutazione di fattibilità e sostenibilità come pure di valutazione dei costi e dei benefici, rispetto agli obiettivi perseguiti.
Il CUN confida che, in attesa di un’intera revisione del provvedimento la Corte dei Conti, attiverà tutte le forme organizzative e comportamentali che la metteranno nella condizione di formulare, con efficienza ed efficacia in tempi ragionevolmente praticabili e di là dai meccanismi di “silenzio  assenso” previsti dalla normativa vigente, i controlli preventivi delle migliaia di contratti che il Sistema Universitario trasferirà e
CHIEDE
- alla Corte dei Conti di riconsiderare la sua interpretazione giuridica del tema del controllo preventivo nel contesto del quadro normativo dell’autonomia universitaria sancita dalla Costituzione;
- al Ministro di adoperarsi per rimuovere in sede legislativa questa aberrante nuova lettura delle procedure di controllo negli atenei.

Il commento di un ricercatore:
La ratio teoricamente questa volta ha una sua ragion d'essere: la Corte dei conti dovrebbe valutare se l'amministrazione che vuole attivare quel contratto ne ha effettiva esigenza e se non ha già al suo interno quelle competenze. Ad esempio, in questo senso negli ultimi anni è stato già inserito l'obbligo di far girare una circolare al personale di ruolo interno sull'esigenza di attivare quel co.co.co. o co.pro. (vale solo per questi contratti non per borse e assegni) in quanto se qualcuno esprime desiderio e competenze per quell'attività il bando non viene fatto. Ovviamente, in entrambi i casi, parliamo di cose molto teoriche, per ovvi motivi, che quindi secondo me sono giuste in via di principio (e già potremmo dire che in Italia è un buon inizio, un po' come le "nuove" regole meritokratike) però poi si traduce in un allungamento dei tempi per ciascun bando e chi ci rimette è il precario in questione. (M. Del Salto, dibattito@ricercatoriprecari.org)
 
La diffusione dell'e-learning in Italia PDF Stampa E-mail
Per molte ragioni in Italia la diffusione dell'e-learning è notevolmente più lenta e difficoltosa rispetto ai trend americani dove la tradizione culturale della formazione in aula è molto più radicata. Nonostante gli incentivi (sia rivolti alle aziende pubbliche e private, che alle istituzioni educative) per la sua diffusione, sembra che il panorama formativo italiano sia "timoroso" rispetto all'implementazione di programmi e-learning. Ciononostante sono nati i primi corsi di laurea online (Politecnico di Milano, Università di Firenze) e svariati decreti del Ministro per l'Innovazione Tecnologica, Lucio Stanca, hanno previsto che la diffusione nella Pubblica Amministrazione dell'e-learning sia pianificata e conclusa nel prossimo biennio. Un altro ateneo molto attivo in questo settore è, anche per ragioni geografiche di isolamento dalle grandi vie di comunicazione, l'Università di Camerino, con diversi servizi on-line cui si affiancano anche corsi svolti in videoconferenza e perciò altamente interattivi e coinvolgenti, presso aule attrezzate ad hoc. Informazioni più dettagliate possono essere reperite su http://www.videoconf.it/ dove è possibile informarsi sul primo caso italiano di teledidattica in videoconferenza, accompagnata da sistemi di e-learning, con quattro sedi distaccate collegate in tempo reale e contemporaneamente (Roma-Camerino-Terni-Orvieto) nell'a.a. 2000/01. L'iniziativa più significativa coinvolse gli studenti-lavoratori di Roma e Terni in collegamento tramite aule didattiche attrezzate e poi anche la sede di Ascoli Piceno con Camerino, per gli insegnamenti di Scienze e Tecnologie del corso di Tecnologie per il restauro e la conservazione dei beni culturali. L'Istituto Nazionale di Documentazione per l'Innovazione e la Ricerca Educativa - INDIRE ente nazionale di ricerca e di documentazione in ambito educativo, da alcuni anni si occupa della formazione in servizio del personale della scuola (dirigenti, insegnanti, personale amministrativo e collaboratori scolastici). Propone una modalità blended (in collaborazione con il MIUR e gli Uffici Scolastici Regionali) e mette a disposizione l'ambiente di collaborazione on line PUNTOEDU. Nel febbraio 2007 La Repubblica e Il Sole 24 Ore hanno lanciato il master in gestione ed economia d'impresa in CD e DVD allegati ai quotidiani, con una piattaforma di e-learning, alla quale i lettori possono accedere per le prove di valutazione. Con questa operazione la formazione a distanza diventa un fenomeno mediatico aperto al grande pubblico. Vi è qualche iniziale esempio di collaborazione con il mondo dell'industria come un progetto Eniscuola (https://www.eniscuola.net/eni/progetto-eniscuola.html) creato e gestito da Eni in collaborazione con la Fondazione Eni Enrico Mattei. Per raggiungere l’obiettivo di mettere a disposizione dei giovani tutte le informazioni necessarie sui temi dell’energia e dell’ambiente, lo strumento utilizzato, fin dal 2000, è stata una piattaforma di e-learning aperta a tutte le scuole che la possono utilizzare in aula come strumento per imparare ed anche sperimentare giocando. L'assistenza alle classi che aderiscono al progetto si realizza anche in un’attività di controllo dell'efficacia dell'iniziativa. Concrete iniziative, rivolte agli studenti, ma soprattutto all'approccio dei docenti verso nuove forme di insegnamento delle materie scientifiche, sono stati realizzati a livello locale o con la collaborazione degli uffici scolastici delle varie regioni. L'Unesco, il Ministero Italiano per la Pubblica Istruzione, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, il Ministero dell’Istruzione Ungherese, l’Unione Europea hanno patrocinato e dato riconoscimenti al progetto Eniscuola. (M. Ciavarella 03-03-2010)
 
Il principio di Bignami e l’“Inquinamento inflazionistico” della letteratura scientifica PDF Stampa E-mail
Il fenomeno della proliferazione dei lavori scientifici può perniciosamente condurre al minimum pubblicabile (least publishable unit, http://en.wikipedia.org/wiki/Least_publishable_unit), cioè a spezzettare il proprio lavoro di ricerca al fine di ottenere il massimo di pubblicazioni possibili: ciò ovviamente a sfavore del potenziale lettore, che sarà costretto a cercare in diverse riviste scientifiche le varie parti del puzzle dei risultati per ricostruire nella sua interezza un filone di ricerca di un determinato autore. Per frenare questo fenomeno, nell’ambito di un dibattito proposto nel 1992 dalla storica rivista francese La Recherche, un ricercatore italiano, il neuropsicologo Giorgio Bignami, ha proposto di ridurre a un numero estremamente basso di pubblicazioni quelle su cui si deve basare un comitato di valutazione (pratica adottata già da tempo in altre sedi, per esempio l’Università di Harvard). Dovendo il ricercatore, l’esaminando stesso, proporre su quali pubblicazioni essere giudicato, ciò promuoverebbe un “circuito virtuoso” per il quale sarebbe più utile curricularmente avere un basso numero di pubblicazioni comprensive ciascuna di una ricerca anche pluriennale, piuttosto che raggiungere il vergognoso traguardo di una o due dozzine di pubblicazioni per anno, come purtroppo va accadendo anche in alcuni centri di eccellenza tecnico-scientifica europei, poveri di idee e scarni in quanto a risultati. La pratica di costringere il ricercatore a presentare un numero limitato di pubblicazioni – pur comportando l’effetto collaterale dell’incentivazione della competizione, già molto accesa, tra scienziati – è già stata adottata, ad esempio in concorsi accademici italiani, ed è augurabile che tale tendenza si accentui negli anni a venire.
Il principio di Bignami è la proposta di scontare il credito attraverso l’esame delle pubblicazioni non proposte per la valutazione, per vedere se l’autore non si sia reso responsabile di “inquinamento inflazionistico” della letteratura scientifica. Va infine ricordato che John Maddox, molto a lungo editor-in-chief del settimanale Nature, ha ribadito in diversi contributi, anche in lingua italiana, il pericolo di imbarbarimento nella comunicazione scientifica dovuto all’eccessiva proliferazione di singoli articoli contenenti la minima quantità di informazione pubblicabile (e di riflesso all’ingigantito numero di periodici scientifici pubblicati nell’ultimo ventennio); il rischio che un’importante scoperta scientifica passi inosservata, nel mare magnum di articoli quotidianamente pubblicati, non solo esiste attualmente, ma potrebbe ancora accentuarsi nel futuro. Come morale conclusiva: la libertà di esporre in forma scritta, e dunque pubblicabile, il proprio pensiero va oggi salvaguardata.
(E. Alleva, I. Branchi, R. Solimini. Istituto Superiore di Sanità. Il Pensiero Scientifico Editore; 2004. p. XIII-XIX.)
 
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