Home 2010 03 Maggio
03 Maggio
Sulla futura governance d’ateneo. contro gli esterni nel CDA PDF Stampa E-mail
Quel progetto prevede l'apertura degli organi di governo dell'ateneo a persone rappresentative dell'economia e della società locale. Il che vuol dire affidare a commercianti, artigiani e industriali la decisione se si debba studiare la papirologia piuttosto che l’economia aziendale, l’etruscologia invece delle scienze del turismo. Non ci sarebbe niente di male in questo se la storia e la cultura di questo Paese e dell’intera Europa occidentale non ci avvertissero della scarsa o nessuna propensione del mondo degli affari e della produzione a occuparsi dell’Università: che da noi, e specialmente in Italia, è cosa che si lascia da sempre allo Stato, così come la salute. L’americanizzazione che si sta preparando a tappe forzate in Italia per l’intero sistema politico e per le funzioni statali promette anche in questo caso di avvicinarci non al modello degli Stati Uniti ma ai peggiori fra quelli dell'America latina. Immettere nel governo dell'Università esponenti del mondo della produzione e degli affari è una delle tante scimmiottature di un Paese radicalmente diverso dal nostro che governi di centro sinistra e di centro destra continuano a proporci. (A. Prosperi, La Repubblica 22-04-2010)
 
Sulla futura governance d’ateneo. A favore degli esterni nel CDA PDF Stampa E-mail
La governance dell'università, così come proposta dalla Gelmini, va a toccare direttamente uno degli snodi più critici del sistema, dicendo in sostanza due cose: che la missione dell’istituzione non è indipendente dai risultati che deve garantire e che questi hanno a che fare con tutto quello che vive, si produce, evolve nella società esterna, esprimendosi sia come bisogni specifici, professionalmente connotati, sia come esigenze di valori e virtù civili che al Paese devono essere garantite attraverso la preparazione delle nuove leve; che non è possibile garantire facilmente questo percorso perpetuando un conflitto d’interessi potenziali, là dove sia lasciato totalmente in mano agli operatori interni sia la possibilità di proporre cosa fare sia di decidere come, quando e con chi farlo. Col rischio evidente di alimentare connivenze, fazioni e anche ricatti. L'introduzione di voci e di esperienze esterne serve qui da esame di realtà, e la pluralità di punti di vista in gioco, da garanzia, anche, che gli interessi prevalenti tutelati siano quelli di coloro per i quali l'istituzione è stata legittimata a operare: studenti, altre istituzioni sociali, politiche ed economiche, mercato del lavoro, benessere generale del paese, sviluppo, crescita culturale, etc. Temere l'invasione del sacro recinto della cultura da parte di profanatori non indipendenti è una nobile preoccupazione che va salvaguardata. Non è difficile immaginare che, stante il clima che si respira, questo possa avvenire, come un elemento ulteriore di quella lotta per il potere che tende a occupare ogni spazio che si crea. Anche se non sarebbe agevole dimostrare che la situazione attuale sia esente da intromissioni, pressioni o altri marchingegni debolmente mascherabili. (P. L. Celli, La Repubblica Affari&Finanza 19-04-2010)
 
Le richieste del PD sulla riforma PDF Stampa E-mail
Noi chiediamo di partire dagli studenti: orientamento, diritto allo studio, residenze, welfare. E dai ricercatori: percorsi di carriera rapidi e fondati su regole chiare, e dunque docenti più giovani - abbiamo la classe docente più anziana del mondo occidentale - e di qualità. Sulla governane, più efficienza e meno autoreferenzialità, ma con regole chiare e un circuito di fiducia tra Senato e CDA. E poi autonomia vera degli atenei, inserimento in legge di criteri e conseguenze della valutazione, nuove regole sulla ripartizione delle risorse ordinarie tra gli atenei, da affidare a pochi e trasparenti criteri: scelta degli studenti, valutazione di ricerca e didattica, diritto allo studio e coesione territoriale. Più laureati e promozione degli studenti meritevoli, percorsi rapidi di selezione dei docenti, funzionamento più efficiente e risorse adeguate, dunque. Elementi centrali per far ripartire l'università, ma purtroppo del tutto carenti nel ddl Gelmini: una proposta ipercentralista, che sottopone a un reticolo inestricabile di norme e al controllo della burocrazia ministeriale ogni minimo dettaglio della vita degli atenei. Passaggi troppo macchinosi per il reclutamento e un destino d’incertezza e precariato per i giovani ricercatori, mentre noi chiediamo che si attivi una fase transitoria nella quale consentire ai ricercatori (strutturati e non) che lo meritano di entrare nei ruoli. Gli studenti, poi, non esistono: secondo il Governo si dovrebbe affidare a una spa del ministero del Tesoro - ci risiamo! - la selezione dei meritevoli, senza che sia previsto un solo euro di risorse pubbliche per finanziare le borse. Torniamo alle risorse: anche qui occorre raggiungere quantomeno la media dei Paesi europei, passando dallo 0,8 attuale all'1,3% del Pil. Sembrava pensarla così anche la Gelmini («riforme in cambio di risorse», il suo mantra nei mesi scorsi), ma si trattava, evidentemente, solo di parole, poi smentite dal Governo. Che, al contrario, sembra avere un unico obiettivo: confermare i tagli per oltre 1 miliardo (quasi il 20 per cento), che fin d'ora rendono difficilissima la vita di molti atenei, e che certamente renderanno impossibile il loro funzionamento nel 2011. Insieme con quelli alla scuola e alla ricerca, circa 10 miliardi di tagli in tre anni. Nel frattempo la Francia, ad esempio, investe 11 miliardi per l'università e 8 per la ricerca. Il Pd ha affrontato queste questioni con una prima serie di emendamenti, presentati in Senato. (M. Meloni, Il Riformista 14-04-2010)
 
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