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L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SOSTITUIRÀ IL LAVORO UMANO? PDF Stampa E-mail

La risposta è, in parte, affermativa. A metterlo nero su bianco è uno studio del Parlamento europeo che calcola che il 14% dei posti di lavoro nei paesi dell’OCSE sono automatizzabili, mentre un altro 32% potrebbe affrontare cambiamenti profondi. Basandosi sulle mansioni che l’intelligenza artificiale è in grado di svolgere è possibile identificare quali professioni potrebbero subire maggiori effetti dalla sua introduzione nei processi produttivi. Per stabilire il grado di esposizione di una determinata professione all’intelligenza artificiale, gli autori di questo articolo sono partiti dall’approccio sviluppato da Edward Felten e coautori, ampiamente ripreso nella letteratura di riferimento. L’approccio si concentra sulle abilità umane che sono utilizzate nelle varie professioni e ne misura il grado di relazione con l’intelligenza artificiale. Il concetto di esposizione non implica necessariamente una sostituzione, ma è da intendere più in generale come una interrelazione, che può tradursi anche in un rapporto di complementarità con conseguenti possibili vantaggi in termini di guadagni di produttività del lavoratore. In questo senso, poiché l’intelligenza artificiale è più connessa con le abilità cognitive, le occupazioni dove maggiore è il loro utilizzo sono generalmente le più esposte. In base alla rilevazione sulle forze di lavoro Istat, nel 2022, tra gli occupati in settori diversi dal domestico e dalle forze armate, oltre 7 lavoratori su 10 (poco più di 15 milioni su circa 21,5 milioni) risultano ricoprire professioni potenzialmente interessate dall’introduzione dei sistemi di intelligenza artificiale (figura). Per quasi 7 milioni, pari a un terzo dell’intera platea degli occupati, l’esposizione sarà elevata (high exposed). F: lavoce.info, lavoro 26.03.24.