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GARANTIRE LA CONFORMITÀ NELLE UNIVERSITÀ È LO SCOPO DEI SISTEMI COME AVA PDF Stampa E-mail

L’acronimo AVA significa AUTOVALUTAZIONE VALUTAZIONE ACCREDITAMENTO. L’ANVUR ne ha messo a punto una prima versione nel 2014 (AVA1), rivista nel 2017 (AVA2) e ulteriormente rivista nel 2022 (AVA3). Stefano De Luca (Il Mulino 04.04.24) si limita a osservare quanto segue: in AVA2 avevamo quattro Requisiti, articolati a loro volta in 11 Indicatori e in 34 Punti di attenzione (PDA). In AVA3 i Requisiti sono ridenominati Ambiti di valutazione e passano da 4 a 5; gli Indicatori sono sostituiti dai Punti di attenzione (PDA), che sono 39; e i Punti di attenzione si articolano in 84 Aspetti da considerare. Al di là della terminologia (qui la fantasia burocratica dà il meglio di sé) si passa da uno schema 4-11-34 a uno 5-39-84. Come questo possa essere più snello e compatto (come si legge nelle linee guida dell’ANVUR) è un mistero ineffabile. Né va dimenticato che, nel modello finale, gli Indicatori ricompaiono a sinistra degli Aspetti da considerare (ADC) e sono talvolta affiancati da “Altri indicatori”. Quindi abbiamo una sorta di movimento a fisarmonica, che parte dai 5 Ambiti di valutazione, si allarga in 39 PDA (Punti di attenzione) e si espande in ulteriori 84 ADC, per poi contrarsi in 37 Indicatori e chiudersi in 9 Altri indicatori. Rispondere ai quesiti e ai molteplici aspetti in cui si articolano implica una enorme sequenza di operazioni di cui spesso sfugge il senso, e che devono essere illustrate in un amplissimo numero di documenti, che la stessa CEV (Commissione di esperti valutatori) non può leggere in modo accurato, finendo per svolgere un vaglio solo formale. Quanto è migliorata la qualità degli atenei da quando si applica AVA? E quali costi ha comportato (e comporta) l’applicazione di questo sistema? Mi riferisco ai costi per le finanze pubbliche e ai costi “umani” in termini di tempo dedicato dai docenti a queste attività. F: S. De Luca, Il Mulino 04.04.24.